TESTA A TESTA KENNEDY - KRUSCEV, VIENNA 1961

Giugno 1961. Kennedy va a Vienna a incontrare il primo ministro sovietico, Nikita Kruscev. Fin dal primo momento della sua elezione ha desiderato questo incontro. Gli voglio parlare chiaro della pace, e voglio capire cosa ne pensa. E’ assurdo che le nostre nazioni continuino a buttar via miliardi di dollari per fabbricare armi solo perché ci sospettiamo a vicenda.
Ma nei giorni che precedono l’incontro avviene un grave incidente. kennedy è in visita al Canada. Nel prato del palazzo del governo deve piantare una piccola quercia a ricordo della sua visita.  Si china con una piccola pala in mano e avverte un dolore acutissimo alla schiena. La vecchia ferita s’è ridestata ancora una volta.
Kennedy compie uno sforzo violento. I giorni che l’attendono saranno durissimi, ma non vuole rinunciare all’incontro. Imbottito di calmanti continua a prepararsi al viaggio.
All’arrivo del presidente a Vienna, piove. Ma una gigantesca folla immobile di settemila persone lo sta aspettando. Un grande cartello gli dice: “Mandali al diavolo, Jack!”. Kennedy sorride, Jack è il nomignolo affettuoso con cui lo chiamano gli amici.
Alle 12,45, nel cortile dell’ambasciata americana, entra la Chaika nera di Kruscev. Kennedy può fissare in volto il suo avversario. Muove verso di lui e tendendo la mano dice: - Sono lieto di conoscerla.
Comincia così il lungo dialogo tra i due statisti. Si protrarrà per undici ore complessive.
Kruscev, che a volte assume pose da contadinaccio maleducato, è una vecchia volpe. Nel pieno di un argomento è capace di aprire una parentesi su un episodio lontanissimo, per frastornare l’avversario, irritandolo. Ad un tratto osserva con ironia pesante:
- Due secoli fa, la Russia degli zar giudicò gli Stati Uniti una nazione rivoluzionaria e pericolosa. Proprio come voi giudicate oggi la Russia comunista.
Kennedy lo fissa negli occhi e ribatte calmo:
- Noi ammettiamo i nostri errori. Ma lei è disposto ad ammettere i suoi?
- Certo, al XX Congresso ho ammesso pubblicamente gli errori di Stalin.
- Quelli non sono i suoi errori – conclude gelido il presidente.
  Nikita batte i pugni sul tavolo, alla sua maniera contadina, e grida:
- Siete una nazione di vecchi!
Kennedy risponde:
- Se dà un’occhiata da questa parte del tavolo, e poi guarda dalla sua parte, vedrà che la nazione vecchia non siamo propriamente noi.
Ai fianchi del presidente sono i giovanissimi Bundy e MacNamara. Accanto a Kruscev siedono gli anziani Kossighin e Podgorny.
Kennedy mise a sua volta in imbarazzo Kruscev quando citò una frase di Mao (con cui la Russia non aveva ancora rotto le relazioni): Il potere politico nasce dalla bocca del cannone”. Kruscev parve turbato. Disse che un comunista non poteva aver affermato una cosa simile. Poi ghignò:
- Mi pare che lei conosca bene i cinesi.
- Mettendoci insieme potremo conoscerli meglio – rispose Kennedy.
- Per quel che mi riguarda, li conosco già abbastanza – concluse brusco Nikita.
Uno dei problemi chiave era il disarmo atomico. Kennedy affermò che una guerra atomica sarebbe stata una follia, che non si poteva nemmeno pensare, a meno di voler distruggere il mondo. L’unica via da percorrere era perciò di smetterla con la produzione di armi atomiche. Kruscev rispose che era pienamente d’accordo, ma che non credeva alla sincerità del presidente.
- Voi volete disarmarci per distruggerci con più facilità. Non posso dimenticare che lei è una marionetta nelle mani dei più grossi industriali americani.
Kennedy non si arrabbiò. Gli fece soltanto notare che nessuno di quei grossi industriali l’aveva appoggiato alle elezioni. Kruscev rimase perplesso.
 
L’ultima violenta discussione, si accese dopo il pranzo di congedo. Kruscev gridò che nello spazio di sei mesi avrebbe consegnato Berlino nelle mani dei tedeschi dell’Est, che già avevano programmato di scacciare gli americani dal settore occidentale. Kennedy lo fissò. I due uomini di Stato, ora, non sorridevano più. Nelle loro mani stava veramente la pace e la guerra.
- Se quello che dite è vero – scandì molto lentamente il presidente – allora il prossimo inverno sarà molto freddo.
Durante quei durissimi giorni, la schiena gli aveva fatto un male atroce. Era riuscito a controllarsi. Ma sull’aereo, mentre tornava a Washington, confessò di stare male.
Kruscev rimase impressionato dalla forza del giovane presidente. E non consegnò Berlino ai tedeschi dell’Est.